132 ANNI DEL CARNEVALE DI VIAREGGIO
IL RINNOVAMENTO
La Viareggio del dopoguerra, rapidamente ricostruita, aveva spinto
l'espansione urbanistica al confine del comune di Camaiore, segnato
dalla Fossa dell'Abate, con la realizzazione della "Città
Giardino". Salvato il polmone verde della Pineta di Ponente, l'edilizia
aveva attaccato l'altro polmone, la Pineta di Levante, con un programma
di case popolari, subito bloccato, e l'apertura del Vialone lungo il
litorale. La popolazione in vent'anni era aumentata da quaranta a quarantasettemila
abitanti. L'Amministrazione comunale precorse il Centrosinistra dal
Governo centrale, con l'ingresso in Giunta, dal 2 febbraio 1961, dei
socialisti.
1961: dopo l'incendio dei capannoni della Città vecchia
del 29 giugno 1960 e la ricostruzione a tempo di record di quattro nuovi
capannoni degli otto programmati nella zona del Marco Polo, fu possibile
uno svecchiamento del corso mascherato.
I grandi carri e le mascherate ritornarono sui Viali a mare "più
belli e più grandi che pria", come sottolineò il
titolo del carro di Alfredo Pardini, parafrasando Petrolini.
Si profilò una nuova promettente generazione di "maghi",
sostitutiva dei Maestri Antonio D'Arliano, Alfredo Pardini, Alfredo
Morescalchi. I darlianisti e i pardiniani viareggini impararono a conoscere
altri "fuoriclasse" sui quali trasferire il tifo cittadino.
Da prima Sergio Baroni e Silvano Avanzini, eppoi Arnaldo Galli e in
seguito Giovanni Lazzarini capifila di un'innovazione non solo tecnica,
ma anche ideologica. Si fece subito strada una contrapposizione interpretativa
identificabile in due filoni: il romantico e il verista. Nel romantico
s'inserirono i sostenitori delle allegorie di evasione, favolistiche,
ridanciane, innamorate dell'estetica, delle colorazioni attinte dalla
natura. Nel verista si posero i fautori di carri cui affidare messaggi
sociopolitici, di denuncia dei guasti industriali, governativi, partitici,
infatuati di ribellismo, pronti alla satira e alle tinte violente. Anche
se protagonisti di alcune "evasioni", gli esponenti del fantasioso,
del favolistico, della semplicità, dell'effimero insomma, furono
Sergio Baroni e Arnaldo Galli. 1 rappresentanti, dell'altro movimento,
interpreti delle inquietudini politiche, diretto a colpire un personaggio,
una situazione, un comportamento, con tutta la provocazione possibile,
furono invece Silvano Avanzini e Giovanni Lazzarini. Il vero rinnovamento
del corso mascherato, comunque sia, fu l'avvento sui carri, ed anche
nelle mascherate, della satira politica, inavvertita prima degli Anni
Sessanta. E, se perseguita da qualche costruttore, vietata.
Fonte:
Immagini e testi forniti da www.ilcarnevale.com