132 ANNI DEL CARNEVALE DI VIAREGGIO

I CARRI ALLEGORICI

Dal corso delle carrozze del 1873 in Via Regia, prima di arrivare al corso dei carri allegorici, passò un decennio.

1883: il prototipo dei carri allegorici s'intitolò "I quattro mori" e fu costruito dal personale della Regia Marina, Distaccamento di Viareggio. Fu la fedele riproduzione in scala, minore ma non di troppo, del monumento livornese a Ferdinando II con i quattro schiavi alla base, opera di Pietro Tacca. Fu realizzato con gesso, scagliola e colla e fu trasportato in Via Regia su un pianale del marmo, noleggiato a Pietrasanta, insieme con dei buoi coperti da una gualdrappa. Il bozzetto è conservato al Centro Documentario Storico Comunale.

1885: Al Centro Storico sono visibili anche i bozzetti dei carri "Iltrionfo dei fiammiferi" e "Il trionfo della bicicletta", costruiti per esaltare due novità del tempo: gli "svedesi" al fosforo e il biciclo con moltiplica e pedali.

1887: Al famoso maestro d'ascia viareggino Natino Celli fu commissionato un carro elettorale dal candidato al Parlamento nel Circondario di Pietrasanta, Vito Camillo Ventura Messía de Prado, principe di Carovigno: un triestino eccentrico, giunto a Viareggio alla ricerca di fortune politiche. Natino, coadiuvato dalle maestranze del suo cantiere, costruì una torre dalla cui sommità le maschere gettavano sulla folla monete di cartone argentato. Il Carovigno, con la trovata pubblicitaria del carro elettorale, divenne deputato, ma non fu ammesso in Parlamento per l'età inferiore ai trent'anni. Col carro politico del Carovigno, in Via Regìa sfilarono altri due carri, secondo il ricordo che Raffaello Celli, figlio di Natino, ha affidato al libro "Conl'ascia e con la vela". Le Officine Estensi costruirono un treno, "vero" in tutto, fuor che nelle proporzioni; la Fabbrica dei Laveggiai montò un bancone con due torni a pedali e delle tinozze per l'impasto. Una carrozza trasportò in corso tre pescatori con la lenza; nell'amo, un salacchino per far "abboccare" la gente. Titolo "La pesca degl'imbecilli". Fortunato Celli ha lasciato questa testimonianza sul modo di allestire carrozze e carri in Via Regìa: "Lo scopo era di alludere e mettere in risalto e in ridicolo qualche personaggio che teneva le redini del paese, per primo il sindaco".

1899: Dell'ultimo anno del secolo scorso esiste traccia di un carro di natura politica, intitolato "L'alleanza italo-francese". Fu una satira diretta a colpire il furbastro rapporto tra Italia e Francia sulla navigazione nel Mediterraneo, malgrado gli opposti fronti di intesa e alleanza in Europa.

1900: Nel primo corso mascherato del nuovo secolo i carri politici furono due. I titoli: "Il disarmo" e "Le topiche del Governo in Cina". Col primo, si puntò a colpire il neocolonialismo in Asia dopo l'abbandono di quello in Africa; col secondo, la partecipazione italiana, con gli stati colosso d'Europa, alla guerra contro la Cina, a fianco della Russia. Lo stesso anno fu allestito un carro chiamato "Carro-réclame" che illustrava la sfida lanciata da Viareggio a Nizza per il Carnevale e per la balneazione. Abbandonata la Via Regia, il corso si trasferì sul Viale Margherita nel 1905.

1905: Protagoniste del corso sui Viali a mare furono le automobili. Alla guida di una berlina, trainata da un asino, c'era una donna. Titolo: "Lasignora al volante". Significato: "Donna al volante, pericolo costante". Fra le automobili e le carrozze, tre i carri raffiguranti un cocchio romano, una palma, il profilo delle Apuane. I carri di gesso e di scagliola sui pianali pietrasantini tirati da una o più coppie di buoi, s'ispirarono alla scultura neoclassica di moda agli inizi del Novecento. Nella costruzione si cimentarono scultori anche di prestigio. Qualche nome: Mario Norfini di Firenze, Giovanni Lombardi di Milano, Raffaello Tolomei e Domenico Ghiselli, versiliesi. Di massima, il costruttore forgiava uno scheletro di cannicci e fil di ferro che poi ricopriva di iuta e di carta impastate nel gesso e nella scagliola. Ne usciva un impasto da modellare. Il prodotto risultava pesante. Questa sorta di "monumenti" riflettevano solitamente un'ispirazione mitologica esagerata, spesso carica più di retorica che di ironia. Alcuni bozzetti di questi carri sono conservati al Centro Storico Comunale:

1906: "Il trionfo del Carnevale" e "La dea dei fiori".

1907: "Il trionfo dell'agricoltura".

1908: "La bellezza vince la forza".

1909: Il carro "I burattini meccanici" è il primo esempio, per quanto la documentazione tramanda, di costruzione animata. Si presentò in corso come una composizione di maschere statiche che, al segnale di un campanello, si animava a scatti come un complesso di robot. Altro suono, altro stop e così via... L'ideatore fu Giuseppe Giorgi, soprannominato Noce.

1910: Si conosce il bozzetto del carro: "La coppa dei fiori".

1911: Del corso esiste al Centro Storico la documentazione relativa ad almeno sette carri. Al carro "Il trionfo della vita" dello scultore Domenico Ghiselli fornì un contributo anche il pittore Lorenzo Viani con un bassorilievo sui quattro lati del pianale.
Dopo la prima guerra mondiale, il corso mantenne un legame con gli antichi carri "monumentali", affidando, per il primo corso del 1921, allo scultore Lelio De Ranieri la composizione di un Nettuno ai remi di un patino.

1921: Il carro-evento fu portato in corso dal Noce e la grande sorpresa fu l'orchestra, indispensabile ad un ballo nell'aia per le nozze di un contadino lucchese. Il titolo: "Le nozze d'oro di Tonin di Burio alla corte del Pinaccio in quel di Lambari".

1923: Arrivò in corso il primo mascherone movimentato. Due occhi, tolti a una bambola, rotearono nel volto di un Pierrot, costruito da Umberto Gianpieri.

1924: Fu scoperta la carta a calco per la realizzazione dei mascheroni. Una lunga serie di esperimenti negativi precedette l'invenzione. La carta, molto spessa, utilizzata sulle forme di creta, non reggeva all'essìcazione: cedeva, crepava, si sbriciolava. La prima mossa azzeccata fu il rivestimento di gesso sulle forme di creta; lo strato di gesso, rappreso, si staccò con facilità e formò uno stampo al negativo. La seconda mossa fu la scelta della carta di giornale, da incollare a strati all'interno degli stampi di gesso. La terza fu l'essicazione lenta, su dei bracieri, della carta "calcata" strato dopo strato. Il risultato fu una forma di carta sonante, leggera, solida. Non restò che assemblare i pezzi ricavati per ottenere la riproduzione del modello di creta.

1925: Il primo carro coi mascheroni di carta a calco fu "I tre cavalieri del Carnevale" dì Antonio D'Arliano.

1927: Irruppero in corso le cavalcate di... indiani, cosacchi, ussari, butteri. Le cavalcate furono riprese anche nel 1928 e nel 1929.

Con l'avvento della carta a calco, i carri aumentarono di mole. Il dinamismo dei mascheroni derivava, ed ancor oggi scaturisce, dalla inventività di una meccanica povera, fatta di leve, pulegge, carrucole, ruote, guide a coulisse, molle, molloni, elastici, tiranti, giunti, martinetti, argani, snodi cardanici, forcelle, pistoni ed ogni altro marchingegno rudimentale per delle manovre a braccia. I carri al loro interno celano una folla di operatori che agisce a tempo di musica, imprimendo un ritmo ai gesti, i guizzi, i sussulti dei mascheroni. Il tutto al comando dei costruttore-regista, che usa dei fischietti, dei campanelli e, da ultimo, i walkie-talkie. Dentro ogni carro rivive l'antico cantiere marittimo degli alberai, bozzellai, falegnami, fabbri che forniva alle velature il trinchetto, la mezzana, la maestra, i pennoni, le mazze, i picchi, i bompressi, le scocche, i bracci. Motorizzazione, elettronica, telematica sono rifiutate dai costruttori e nel ventre dei carri si perpetua l'impegno inventivo che dette alla marineria viareggina i barcobestia. Nei capannoni, del resto, si fa largo uso della terminologia marinara; il carro è suddiviso in poppa e prua e gli spazi son chiamati plancia, coperta, ponte, coffa. La portata dei carri è misurata a stazze e il loro movimento agli orecchi dei costruttori è beccheggio, rollio, scarroccio; i carri virano, ormeggiano, vanno in alaggio e la loro uscita dai capannoni è il varo. Ciurma è definita la gente che assicura al carro i movimenti, le luci, i suoni.

1930: Il carro "Il prestigiatore" di Antonio D'Arliano portò la novità dei colori cangianti della carta a calco.
Di colpo: da rosso-oro a verde-oro. Testimonianza di D'Arliano: "La ciurma era più numerosa delle maschere esterne".

1934: Cinque carri furono costruiti su commissione dall'OND, sezioni di Lucca, Pisa, Livorno, Arezzo, Firenze.

1935: Il carro "Il cavallo di Troia", costruito dall'OND, sostituì la carta a calco col legno compensato, realizzando forme cubiste sotto la suggestione dell'arte futurista in voga. L'ultimo posto in classifica del carro sconsigliò, in futuro, i costruttori a usare materiali diversi dalla carta a calco. Del resto, per disposizione del Comitato, la carta a calco sui carri divenne materiale d'obbligo.

1937: Il carro "Il Decamerone" di Guido Lippi, ideato da Uberto Bonetti, rappresentò il Carnevale d'Italia al Carnevale internazionale di Monaco di Baviera. Su quattordici carri piccoli, dieci trattarono un tema infantile e furono detti "Lillipuziani".

1940: All'ultimo corso anteguerra presero parte coi carri grandi Alfredo Pardini col fratello Michele, Antonio D'Arliano, Carlo e Francesco Francesconi, Guido Lippi, Michelangelo Marcucci, Rolando Morescalchi.

Negli Anni Venti e Trenta, i carri grandi furono costruiti anche da Guido Baroni, Michele Pescaglini, Alighiero Cattani, tanto per ricordare i più impegnati. Col ritorno del corso mascherato nel dopoguerra i carri riadottarono la tecnica della carta a calco.

1946: Non tutti i costruttori degli Anni Trenta furono in grado di rispondere all'appello del primo corso mascherato del dopoguerra. Ne arrivarono di nuovi: Ademaro Musetti, Nilo Lenci, Sergio Baroni, matricole che lasceranno un segno ...

1947: Due carri, "Il teatro della vita" e "Saggio governo", furono firmati rispettivamente da Renato Santini ed Eugenio Pardini, che, lasciati i capannoni del Carnevale, trarranno dalla pittura sostentamento e successo. Come Alfredo Catarsini, Danilo Di Prete che aveva firmato un carro grande l'anno prima. In Brasile Di Prete raggiungerà una grande fama.

1948: Alfredo Morescalchi costruì l'iniziale "Complesso di apertura". Sergio Baroni realizzò il suo primo carro da solo; Carlo Bomberini pure.

1949: Da cinque dei triennio precedente, i carri balzarono a dieci e ognuno fu "adottato" da un rione. Fra i nuovi costruttori destinati a dare al Carnevale molti carri grandi, si presentarono Carlo Vannucci, Fabio Romani e soprattutto Silvano Avanzini e Arnaldo Galli, in coppia.

1950: Fu costituito il duo Francesconi-Barsella (Carlo Francesconi e Sergio Barsella) costruttore, fino al 1974, di grandi carri di successo.

1951: Si separò la coppia Avanzini-Galli. Avanzini scelse come partner Francesco Francesconi. Si formarono anche le coppie Musetti-Pardini (Ademaro Musetti e Michele Pardini) e Vannucci-Bertuccelli (Carlo Vannucci e Sandro Bertuccelli). La prima durò fino al 1958; la seconda fino al 1960.

1952: Fra i costruttori dei grandi carri apparve Beppe Domenici.

1953: Si formò la coppia Domenici-Galli (Beppe Domenici-Arnaldo Galli) che lavorò solo per un anno.

1954: A operare con Renato Santini entrò la coppia Lenci-Palmerini (Nilo Lenei e Giulio Palmerini), che poi si rese autonoma. I carri piccoli furono trasformati in complessi: articolazione di più strutture su uno stesso tema.

1956: "Tempodi mambo" fu l'ultimo carro di Renato Santini; s'ispirò al ballo di Sofia Loren l'anno prima all'Esplanade.

1958: Il primo carro costruito da solo da Silvano Avanzini fu "Anche laggiù". Ademaro Musetti pure realizzò, per la prima volta da sè un carro: "Carnevale si pavoneggia".

1959: Alfredo Pardini, con il carro "La danza delle ore", portò in corso un orologio a colori cangianti. Due carri dell'anno prima, "Miss Universo" di Antonio D'Arliano e "L'allegro satellite" di Lenci-Palmerini rappresentarono l'Italia a Estoril in Portogallo in una Triangolare di carri carnevaleschi Portogallo-Spagna-ltalia. Si piazzarono al primo e al secondo posto davanti a un carro spagnolo progettato da Salvator Dalì.
Con gli Anni Sessanta il Comitato Carnevale, in accordo con l'Avac, Associazione dei costruttori, introdusse
nella classifica dei carri il meccanismo di passaggio di categoria dei costruttori: promozione dai piccoli ai grandi carri, retrocessione dai grandi ai piccoli carri. Il metodo adottato fu quello applicato alle serie dei Campionato di calcio. Al termine di un biennio, la somma di due punteggi avrebbe determinato i promossi e i retrocessi.

1960: La morte in gennaio di Fred Buscaglione mandò a monte l'allestimento del carro "Eri piccola" di Lenei-Palmerini. La coppia confezionò a tempo di record il carro "Hello Jolm!".

1961: Nilo Lenci iniziò a costruire i carri da solo. La classifica biennale dei complessi fu vinta da Arnaldo Galli, che acquisì il diritto di costruire un carro. Di contro, la retrocessione investì Nilo Lenci, che impugnò la prima classifica del biennio, invocando, come attenuante, la circostanza che lo aveva costretto a realizzare "Hello John!", finito all'ultimo posto.

1962: Il numero dei carri fu portato da otto a nove: nella prima categoria restò Nilo Lenci ed entrò Arnaldo Galli.

1963: Il primo premio dei grandi carri non fu assegnato. Il secondo in classifica "Le scimmie stanno a guardare" di Arnaldo Galli fu il primo, in assoluto, a essere costruito su due piani, completamente libero delle masse voluminose dette "paretoni". Col carro 'Fatiche mie venitemi dietro" Alfredo Pardini si congedò dal Carnevale.

1964: A lasciare il Carnevale fu la volta di Antonio D'Arliano; il suo ultimo carro, "La... casta azzurra" fu dedicato a Nizza, nel contesto dei corso a tema unico, "Il Carnevale nel mondo", per cui ogni carro illustrò una città nota per le feste di Carnevale. Per effetto della classifica biennale, Renato Galli, fratello di Arnaldo, costruì il primo carro grande. Non ci furono retrocessioni. Silvano Avanzini dette forfait e i carri da dieci ritornarono a otto, uno per capannone. I complessi furono trasformati in "corteggi" di supporto ai carri grandi.

1965: Al candidato alla promozione, Giovanni Lazzarini, fu negato un capannone. Col rientro di Silvano Avanzini, l'AVAC difese l'equazione otto carri, otto capannoni.
Con l'abbandono di Alfredo Pardini e di Antonio D'Arliano, i due "grandi" dei Carnevale che avevano diviso la città su due fronti di passionale tifoseria, si aprì fra gli epigoni la corsa a subentrare nelle simpatie dei Viareggini.

1966: A compenso dell'impossibilità di costruire un grande carro, il Comitato assegnò a Giovanni Lazzarini il compito di realizzare un complesso speciale fuori concorso, "Donne e motori". Il risultato straordinario raggiunto dal Lazzarini aprì la concezione del tutto innovativa di portare in corso un'allegoria carnevalesca, composta da una "collana" di piccoli carri per un soggetto unico.

1967: Cadde l'opposizione dell'Avac ad aumentare il numero dei carri, che salirono a nove dopo che l'Aarv, d'intesa col Comitato, inviò ai costruttori un'ingiunzione di sfratto a seguito della liberalizzazione del concorso per i carri. Fra i non associati all'Avac ottenne il benestare la domanda di Beppe Domenici. Al nono carro furono sacrificati quattro complessi. Il Domenici, durante la lavorazione, per l'obbligo di rispettare un impegno all'estero, lasciò che il carro "Premio Nobel per la pace", fosse terminato dalla moglie Ivana Barsotti. Alla "prima donna" costruttrice di un carro dette una mano il "pensionato"D'Arliano.

1968: Fra i costruttori dei grandi carri entrò Giovanni Lazzarini affiancato da Oreste Lazzari e le costruzioni salirono a dieci. Il meccanísmo della promozione e della retrocessione fu rispettato a metà.

1969: Con la coppia Barsella-Pardini (Davino Barsella e Valeriano Pardini) e con la coppia Malfatti-Mallegni (Fabio Malfatti e Amedeo Mallegni), i carri salirono a dodici. Non furono costruiti i complessi. Alfredo Morescalchi dette l'addio ai corsi mascherati con l'ultimo carro di apertura "Bacco, tabacco e Venere".

1970: Dieci i carri; nessun complesso. La coppia Barsella-Pardini sparì; la coppia Malfatti-Mallegni costruì il complesso dì apertura. In corso fece apparizione un carro "double-face". Anzi due: "Il mondo cambierà" di Sergio Baroni, "Mache tempo fa" di Arnaldo Galli. Furono i primi carri ad assumere due aspetti con un mutamento improvviso: il carro del Galli passava da un uragano a un solleone; il carro del Baroni o mutava un mostro in una fanciulla. La coppia Lazzarini-Lazzari con "Arriva Mao" inaugurò un modo nuovo di foggiare la figura centrale: un gattone rosso, non di carta a calco, ma di pelliccia.

1971: Nove i carri. Non lo costruì Beppe Domenici a seguito di una vertenza che lo vide protagonista. Comitato, Comune e Aarv avevano deliberato di riprendersi i capannoni a per provvedere a un ampliamento e a una ridistribuzione degli spazi. Dopo una lunga lotta i costruttori dell'Avac avevano aderito alla richiesta; l'indipendente Domenici no. Diffidato dall'ufficiale giudiziario, cedette e dopo strenua resistenza, pretendendo che l'atto di restituzione delle chiavi avvenisse dopo il ritorno in suo possesso del bozzetto. Ancora niente complessi. Ci furono quello di apertura di Amedeo Mallegni e uno fuori concorso di Davino Barsella.

1972: Giovanni Lazzarini firmò da solo la costruzione del carro "Avantipopolo". Fu ripresa la costruzione dei complessi.a er i cento anni di Carnevale il Comitato accolse la proposta del costruttore Arnaldo Galli di un supercarro. Non fu facile ottenere il consenso dell'Avac. Furono nove i firmatari di una protesta, "Seguiremo il carrettone come si va a un funerale", ma alla fine prevalse la voglia di un "bel Carnevale centenario".

1973: Il supercarro di Arnaldo Galli fu una bomba-missile di 20 metri, diametro massimo 6 metri, 35 tonnellate di peso. Portò fra i carri la scomposizione simultanea: fatto di anelli rotanti, l'ordigno s'apriva a destra e a sinistra per ritornare a ricomporsi più e più volte.

1974: Iniziò la serie dei carri rievocativi del Rione "Vecchia Viareggio". Col carro "La battaglia di carta", Sergio Baroni infranse la consuetudine della modellatura a volumi, utilizzando materiale diverso dalla carta a calco. "Giungla erotica" fu l'ultimo carro grande della coppia Francesconi-Barsella. Sergio Barsella l'anno dopo passerà ai complessi, dove lavorerà fino al 1980. Tre carri, "Conigli coraggiosi- di Arnaldo Galli, "Carnevale con furore" di Renato Galli e "La piovra" di Giovanni Lazzarini, salparono su una nave da Livorno per Valencia in Venezuela, dove parteciparono all'annuale "Feria d'ottobre".

1975: Con l'uscita di scena del duo Francesconi-Barsella, i costruttori dei grandi carri tornarono a essere otto. Come i baracconi. Fu ripresa la costruzione dei carri piccoli al posto dei complessi e i carri furono chiamati di prima e di seconda categoria.

1976: "Carnevaleal Ddt" fu l'ultimo carro di Giovanni Lazzarini. Anche Ademaro Musetti costruì il suo carro finale: "Continenti e pupazzi".

1977: Fra i costruttori dei grandi carri arrivarono Raffaello Giunta e Luigi Renato Verlanti. Sergio Baroni costruì un carro consistente in una figura di Re Carnevale alta 14 metri; sembrava procedere a piedi; a sospingerla era il trattore nascosto sotto il manto regale.

1978: Fece ritorno il complesso di apertura; lo costruirono Paolo Lazzari e Guidubaldo Francesconi. Nilo Lenci realizzò un carro su bozzetto del pittore Antonio Possenti; per la prima volta un costruttore di carri accettò di lavorare su un'idea di un artista famoso. "Vincere le paure" fu il titolo. "I gattacci" fu l'ultimo carro che Sergio Baroni costruì da solo.

1979: Ritornò sulle scene del corso mascherato Beppe Domenici con il complesso di apertura e vi restò un triennio. Sergio Baroni non fu rimpiazzato e i carri furono sette. Fatto inusitato: la giuria dopo il terzo posto assegnò l'ex aequo a quattro carri. Fu affrontato un esperimento rimasto fine a se stesso, il "Gruppo": un carro piccolo e una mascherata su un tema unico. Fece apparizione in corso la prima costruzione degli allievi della "Scuoladella cartapesta": "Carnevale e Quaresima", un complesso.

1980: Il costruttore Renato Galli chiese l'esonero di un anno per malattia e i carri furono appena sei. Il carro "Vieni, vieni anche tu" di Luigi Renato Verlanti presentò due grosse novità. Inglobò il trattore nascondendolo alla vista degli spettatori e consentì, attraverso due passaggi laterali, l'accesso del pubblico all'interno del carro. Esordì, come costruttrice di un complesso la coppia Gilbert Lebigre e Corinne Roger: due francesi attratti dalla carta a calco, esperti modellatori alla ricerca di nuove conoscenze.

1981: Il Comitato rimosse il meccanismo della promozione e della retrocessione, praticamente mai attuato. Sergio Baroni tornò a costruire un carro, anzi due, al fianco di Luigi Renato Verlanti. Il duo Baroni-Verlanti introdusse sul carro "Burlamik" il sistema idraulico di sollevamento, novità assoIuta nella meccanica dei carri. Anche Nilo Lenci riprese a lavorare in coppia con Giulio Palmerini.

1982: Si tornò al supercarro. Anzi a due, costruiti da Arnaldo Galli e dal duo BaroniVerlanti, autore anche del complesso di apertura. I carri di prima categoria furono solo cinque e a sostituire Silvano Avanzini (ammalato con certificato medico, secondo il Comitato; per insofferenza alla censura, stando alla stampa) fu chiamata la coppia BarsellaCanova (Davino Barsella ed Eros Canova), che non andò oltre questa esperienza.

1983: 1 carri furono nuovamente otto coi rientro di Silvano Avanzini e l'esordio di Paolo Lazzari. L'ottavo fu il supercarro "Fratellosole, sorella luna" di Baroni-Verlanti, un prototipo girevole grazie a un sistema di cinque "rolle". Il duo Baroni-Verlanti confezionò anche il carro di apertura "Il grande Maestro", con sopra la massa delle maschere disposta su una superficie superiore alla parte figurativa costruita. Gli allievi della Scuola della cartapesta realizzarono il primo carro piccolo e la prima mascherata.

1984: "Lasciamoli fiorire" di Silvano Avanzini fu un carro decisamente innovatore per la struttura circolare, dinamica, di ben 14 metri di diametro. Come progettista del carro di Carlo Vannucci, "Maghi, diavoli e scaramanzie", si riaffacciò al Carnevale Giovanni Lazzarini. Nilo Lenei si riservò il ruolo di ideatore dei carri costruiti da Giulio Palmerini. Arnaldo Galli scelse come collaboratore il fratello Giorgio.

1985: "Te la do io la seggiola" fu l'ultimo carro di prima categoria di Renato Galli. Lo costruì coi figlio Fabrizio; insieme, padre e figlio, l'anno dopo passeranno a costruire un carro di seconda categoria.

1986: Fra i costruttori dei grandi carri esordì Giovanni Maggini con "Baraccae burattini", una costruzione che privilegiò la stoffa per vestire sei maschere colossali. Fra i costruttori di prima categoria fu promossa an
che la coppia Lebigre-Roger. Non ci fu il carro di apertura di Baroni-Verlanti. Nell'ultimo anno di gestione, prima di essere soppiantato dalla Fondazione, il Comitato, con il consenso del Cavac, acquisì la proprietà dei
carri e ne decretò la distruzione a Carnevale concluso.
Con la Fondazione Carnevale i carri di prima categoria da otto ridivennero nove, alterando ancora l'equanime spartizione degli spazi nei capannoni.

1987: Con "Viareggio amore mio" la coppia Baroni-Verlanti riprese la costruzione dei carri. Giovanni Maggini per il carro "Arnore mio" s'ispirò a un capolavoro della pittura, fatto inusitato fra i costruttori: nella rappresentazione della Viareggio-Liberty fece riferimento al quadro "Il bacio" di Gustav Klimt.
La Fondazione ripristinò il meccanismo della promozione e della retrocessione.

1988: "Madonna Ciccone, un successo daleone" fu il terzo e ultimo carro dei Lebigre Roger. Accolti otto anni fa dal Cavac come graditi "exotiques", se ne andarono sbattendo la porta.

1989: Un carro fiorito, allestito dal Mercato dei fiori e dalle Associazioni dei floricoltori, esordi alla testa del corso. Roberto Alessandrini affrontò la prima prova di un carro grande. "Carnevale nel cassetto" di Arnaldo Galli, nuovamente solo, non più cioè col fratello Giorgio, fu realizzato fuori dai tradizionali schemi d'impianto di un carro, utilizzando materiali vari. La Fondazione affidò a Riccardo Luchini, proveniente dal settore mascheratisti, la costruzione di un carro-sperirnentale": un mascherone scomponibile in quattro che, spalancato, mostrava l'interno con gli addetti ai movimenti in azione. Carlo Vannucci chiamò al suo fianco il figlio Enrico. "Benvenuto Burlamacco fra le maschere d'Italia", della coppia Baroni Verlanti, fu davvero l'ultimo per Sergio Baroni.

1990: Arnaldo Galli affrontò una costruzione esemplare per l'armonia veridica di un cigno morente, ottenuta tramite un congegno multiplo di snodi contrari. Luigi Renato Verlanti e Fabrizio Galli iniziarono a costruire da soli i carri di prima categoria. Fabrizio si cimentò coraggiosamente in una figura enorme, strutturata con stampi unici longitudinali: una tigre di nove metri, pezzo base del carro "Saranno schiavi delle donne". Il secondo carro, "sperimentale", fu affidato dalla Fondazione a una donna, Mariangela Rugani, uscita dalla "Scuola della cartapesta" come altre allieve, Laura Canova, Rossella Disposito, Sabrina Tamburini, Cristina e Marzia Etna, Maria Grazia Canova, Alessandra Bianchi, Tiziana Andreuccetti, Maria Lami, Patrizia Dal Pino. "Viareggio ha in seno il Carnevale" della Rugani, di concezione surreale, esaltò il bianco e nero; suggestivo l'effetto. Oltre ai carri piccoli furono costruiti anche tre complessi.

1991: Fra i costruttori dei grandi carri, in coppia con Luigi Renato Verlanti, fu accolta Rossella Disposito, terza donna dopo le presenze di Ivana Barsotti e Corinne Roger. Il carro del duo Verlant Disposito fu progettato da Giovanni Lazzarini; l'intesa a tre, Lazzarini-Verlanti-Disposito, fu ripetuta l'anno seguente.

1992: Per la struttura metallica a cannocchiale, spinta a un'elevazione mai raggiunta da un carro, "Messaggio universale" di Fabrizio Galli costituì un primato. Silvano Avanzini col figlio Riccardo inaugurò un congegno multiplo a cuscinetti su piani inclinati per dare il rollìo del mare a una goletta sul carro "Alla scoperta dell'America": una genialità meccanica. Arnaldo Galli, costituita una SNC coi fratelli Umberto e Stefano Cinquini, ripropose il cigno in chiave ottimistica ne "Il cigno torna a volare"; senza precedenti la rivitalizzazione di un soggetto recente. La giuria non fornì una classifica dei carri di seconda categoria; li relegò tutti a pari... demerito all'ultimo posto.

1993: Dal Commissario regionale della Fondazione fu concessa all'Arca la proprietà dei carri a fine corso. Un'innovazione costruttiva straordinaria ebbe, come comun denominatore, l'apertura improvvisa di un carro. Puntarono su questo effetto sensazionale "Terremoto" di Galli-Cinquini, che spaccò un vulcano e ne rivelò l'interno; "Aprite o sfondiamo", di Fabrizio Galli, che spalancò, abbattendoli, molti portoni e porte a un'orda di arieti; "Per me si va nella città dolente" diLuigi Renato Verlanti, che tagliò un volto in due e allargò il carro con due quinte a ventaglio. A fine Carnevale Arnaldo Galli e i Fratelli Cinquini disfecero la società. La Fondazione decise di riprendersi la proprietà dei carri al termine dei corsi.


Fonte: Immagini e testi forniti da www.ilcarnevale.com

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